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Siracusa. Omicidio Eligia Ardita. In primo grado Christian Leonardi condannato a scontare l’ergastolo

Per il marito dell'infermiera aretusea morta il 19 gennaio 2015 il provvedimento emesso dall'autorità giudicante che chiude il processo di primo grado è quello dell’ergastolo

di Alessia Zeferino
5 Dicembre 2018
Siracusa. Omicidio Eligia Ardita. In primo grado Christian Leonardi condannato a scontare l’ergastolo
 

E’ stato condannato, in primo grado di giudizio, a scontare la pena dell’ergastolo  con  tre mesi di isolamento diurno Christian Leonardi unico indagato per la morte della moglie Eligia Ardita e della bambina, Giulia, che la donna portava in grembo.

Tensione questa mattina sia all’interno dell’aula di Corte d’Assise sia per i corridoi del Tribunale di Siracusa in attesa verdetto di primo grado. Quel Tribunale che ha visto la famiglia Ardita presenziare per ben 47 udienze.

Assente in aula, per la quarta volta, Christian Leonardi che non ha presenziato né alle ultime tre udienze né a quella che lo vede condannato a scontare la pena dell’ergastolo per l’omicidio della moglie.

Eligia Ardita morì la notte del 19 gennaio del 2015 all’interno della casa coniugale di via Calatabiano. La morte dell’infermiera siracusana sarebbe circoscritta in un range compreso tra le ore 22.05 e le ore 22.35 del 19 gennaio 2015. Il decesso del feto che la donna portava in grembo, invece, sarebbe collocato ad una distanza di dieci minuti dalla morte della madre, ovvero tra le ore 22.15 e le ore 22.45 dello stesso giorno.

Quella casa tanto desiderata dalla giovane infermiera aretusea, quel sogno di sposarsi, di diventare madre terminò in un vortice di violenza la notte in cui, secondo la sentenza emessa, il marito pose fine alla vita della donna ritardando a chiamare i soccorsi. Eligia e la bambina che portava in grembo da otto mesi persero la vita e tutti gli elementi, inizialmente, portavano a credere ad un caso di malasanità.

Ipotesi, quella della malasanità, smentita dall’esito dell’esame autoptico eseguito dal medico legale Orazio Cascio e dell’incaricato di parte Corrado Crò. Secondo l’autopsia eseguita sul cadavere di Eligia Ardita, infatti, sia il decesso sia le ecchimosi presenti sul capo dell’infermiera aretusea, sono <riconducibili ad un meccanismo patogenitico da asfissia meccanica violenta verosimilmente da soffocamento, con compromissione polmonare e cardiaca progressivamente ingravescente fino all’exituas>. L’esame autoptico sarebbe chiaro <traumi riconducibili ad una azione violenta reiterata da terzi>.

E anche la tragica fine della piccola Giulia sarebbe ben chiara: <la causa ed i mezzi della morte del feto sono anch’essi di natura ipossia e sono attribuibili ad insufficienza placentare quale conseguenza diretta dello stato asfittico materno, non essendo state riconosciute noxae primitive significative a carico del feto o dell’unità materno-fetale>.

Giorno dopo giorno, la famiglia Ardita, sempre più cosciente di quanto di atroce si sarebbe consumato ha cercato con tutte le forze la verità per quella figlia tanto amata e quella sorella dal cuore grande che amava la vita.

Fiaccolate. Marce. Ed il silenzio assordante del marito, Christian Leonardi, sempre assente a qualsiasi evento. L’uomo secondo la famiglia Ardita oltre a presenziare al funerale della donna sarebbe arrivato in ritardo anche il giorno della tumulazione avvenuta il 2 febbraio del 2015. Un ritardo dettato, secondo quanto sostenuto dalla difesa composta dall’avvocato Francesco Villardita, Cristiano Leonardi e Giambattista Rizza da degli strani movimenti bancari che Leonardi effettuò lo stesso giorno che il corpo di Eligia, insieme a quello della bambina tanto desiderata e di quella nipote di papà Agatino, mamma Graziella, la sorella Luisa ed il fratello Francesco pensavano già di stringere tra le proprie braccia.

La svolta arriva ufficialmente il 12 settembre del 2015 quando l’appartamento sito in via Calatabiano viene sottoposto a sequestro per consentire gli inquirenti, impegnati nell’attenta ricognizione, di effettuare i rilievi scientifici all’interno di quella casa, posta all’ultimo piano di un piccolo stabile, dove morì Eligia.

Il 18 settembre arriva in fretta a quella strada trafficata per via di un mercatino rionale viene blindata con l’arrivo dei carabinieri dei Ris di Messina. Oltre ai carabinieri, quasi a sorpresa, è presente il marito della puerpera aretusea, Christian Leonardi (all’epoca unico iscritto nel registro degli indagati) accompagnano dal suo ex legale, Aldo Gioacchino Scuderi.

Meno di 24 ore dopo è il 19 settembre. Sono trascorsi ufficialmente otto mesi dalla morte di Eligia. Christian Leonardi si reca al comando provinciale dei Carabinieri di viale Tica, accompagnato dal suo ex avvocato. Tra la folla che si è riunita fuori dal Comando, circola voce che l’uomo stia per rilasciare alcune dichiarazioni spontanee. Ma quell’indiscrezione diventa subito realtà. Christian Leonardi sta confessando l’omicidio della moglie. E’ stato lui ad uccidere Eligia.

Durante l’interrogatorio l’uomo ha reso la sua confessione ammettendo le proprie responsabilità ed in tarda mattinata viene sottoposto a fermo di indiziato di delitto per le ipotesi di reato di omicidio volontario aggravato e procurato aborto. Christian viene quindi condotto presso la Casa Circondariale di Cavadonna a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

E mentre all’interno del carcere di Cavadonna il reo confesso Christian Leonardi non mostra alcun segno di collaborazione, papà Agatino spera <che mostri in minimo di umanità per Eligia e la piccola Giulia, e racconti tutta la verità anche questa sera in modo da evitare di far riesumare il corpo di mia figlia e di mia nipote>.
Ma Christian non parla. Tace. Tace ancora. E il giorno della riesumazione di Eligia arriva. E’ il 17 dicembre 2015 quando all’interno di un cimitero quasi insonorizzato hanno lavorato per quattro intense ore i Carabinieri del Ris nel tentativo di trovare gli ultimi elementi che, in qualche modo, avrebbero potuto chiarire l’ultimo mistero legato alla tragica morte di mamma Eligia.

La prima udienza in Corte d’Assise viene fissata per il 14 aprile 2016. E’ un rinvio. Durante l’udienza del 28 aprile del 2016  Leonardi lascia tutti senza parole ritrattando la confessione resa il 19 settembre del 2015. Non è stato lui ha uccidere la moglie. Affida la sua ritrattazione ad un lungo memoriale esposto dai suoi nuovi legali Vera Benini e Felicia Mancini.

Udienze su udienze inizia a susseguirsi. Il 10 ottobre del 2018 il Pubblico Ministero Fabio Scavone ha chiesto alla Corte d’Assise (presidente, Giuseppina Storaci; a latere, Alessandra Gigli) di condannare Leonardi alla pena dell’ergastolo e alla pena accessoria dell’isolamento diurno per la durata di un mese. Il 24 ottobre del 2018 i difensori delle parti civili, Francesco Villardita, Cristiano Leonardi e Giambattista Rizza, hanno anche essi richiesta per il marito della Ardita la condanna all’ergastolo. Diversa, invece, la posizione dei due legali di Christian, Vera Benini e Felicia Mancini, che nell’udienza del 28 novembre 2018 hanno richiesto l’assoluzione e la scarcerazione, o la riduzione ai domiciliari, sostenendo che non c’era stato alcun omicidio nell’abitazione in cui vivevano Leonardi e la moglie in quanto quest’ultima sarebbe morta per arresto cardiaco.

Richiesta quella dei due legali di Leonardi , però, rigetta dalla Corte d’Assise che questa mattina si è ritirata in camera di consiglio per deliberare il verdetto nei confronti del marito di Eligia Ardita disponendo per quest’ultimo la condanna in primo grado dell’ergastolo. 

 

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Tags: Christian LeonardiEligia ArditafemminicidioFrancesco Villarditaindagini morte Eligia Arditaomicidio Eligia Arditaviolenza sulle donne
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