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Anticipazione Esclusiva su Siracusa Times. Omicidio Eligia Ardita. Stralci della ritrattazione di Christian Leonardi

di Alessia Zeferino
29 Aprile 2016
Anticipazione Esclusiva su Siracusa Times. Omicidio Eligia Ardita. Stralci della ritrattazione di Christian Leonardi
 
Eligia Ardita Quarto Grado Siracusa Times
Agatino Ardita, padre di Eligia, intervistato dal collega Simone Toscano

News Siracusa: anticipazione esclusiva per Siracusa Times, delle ore 23.20 .

Grazie al collega Simone Toscano di Quarto Grado, questa sera in prima serata su Retequattro, proponiamo in esclusiva per i lettori di Siracusa Times estratti del memoriale presentato da Christian Leonardi, accusato dell’omicidio della moglie Eligia Ardita lo scorso 28 aprile.

Nello scritto, l’uomo – che durante i primi interrogatori aveva ammesso la responsabilità del delitto avvenuto a Siracusa il 19 gennaio 2015 – ha ritrattato la propria versione dei fatti.

Negli scorsi giorni, davanti alla Corte di Assise del capoluogo siciliano, si è aperto il processo nei confronti del Leonardi, accusato di omicidio volontario e interruzione di gravidanza: la moglie, al momento del decesso, era incinta all’ottavo mese. (Leggi qui)

Di seguito, alcuni stralci della memoria difensiva:

«La verità che è già stata detta vorrei ribadirla».

«Mi scuso di aver dato una falsa confessione attribuendomi una colpa che non mi appartiene».

«A mezzanotte circa, mi telefonò mio fratello dicendomi: “Scendi, siamo qua sotto”.

Scuderi (l’avvocato difensore di Leonardi, che in seguito ha rimesso il mandato, ndr) iniziò dicendomi: “Christian, io penso che sia stato tu a fare questo gesto, dimmi la verità!”. Mentre mio fratello mi diceva: “Non posso crederci, Christian”. Gli dissi che non ero stato io e gli chiesi perché mi dicevano quelle cose… Scuderi mi disse che i RIS avevano prelevato una marea di tracce, che mi avrebbero incolpato e che mi avrebbero abbandonato al mio destino se non avessi confermato.

Dopo circa un’ora di discussioni molto accese nei miei confronti in merito alle mie responsabilità e viste le mie negazioni, Scuderi disse a mio fratello: “Va bene, accompagnalo a casa, non vuole capire, ci penseranno i Carabinieri”.

Dopo un’ora circa, Scuderi iniziò dicendomi che correvo un grosso rischio nel non confessare l’accaduto, accaduto di cui non ero a conoscenza.

Dopo qualche spinta e urla contro di me, mi fu detto da Scuderi: “Sono venuti i RIS a casa tua e hanno rilevato impronte digitali dai muri riconducibili a una feroce colluttazione; sono state rilevate tracce di vomito per terra, nel muro e sui mobili, e segni di trascinamento che vanno dal salotto alla camera da letto passando per il corridoio. Tutto questo, vuoi o non vuoi, ti inchioda. O ti consegni tu domani mattina o ti vengono a prendere i Carabinieri”. Mio fratello, piangendo con me, mi disse: “Ti prego, Christian, consegnati, risparmia questo dolore a mamma e papà nel vederti portare via di casa con le manette… o vero o falso, sei giunto a un punto di non ritorno”. Al che dissi a mio fratello: “Se è questo che vuoi, lo farò”».

«Ci tenevo a dire che non è mai esistita nessuna colluttazione tra me e mia moglie, quello che sono stato costretto a confessare dietro pressione di coloro che mi assistevano non è la verità nella maniera più assoluta, non è mai accaduto».

«I miei suoceri lasciarono casa mia verso le ore 22. Mia moglie mi disse: “Amore, sto impazzendo dal dolore al ventre”. Mi disse: “Fammi la puntura di seleparina”. Mi chiese di preparargli la solita tazza di camomilla… dopo esserci messi a letto, siamo rimasti a parlare e sorseggiare la camomilla… guardando mia moglie, diedi un bacio a lei e uno al pancione e dissi: “Buonanotte amori, vi amo”, e mi appinnicai…

Verso le 23:05 circa, sentivo mia moglie che respirava male come un rantolo e dissi: “Amore, che hai?”. Non ricevendo risposta, non dava segni di ripresa ai miei insistenti richiami. “Amore che hai? Eligia, rispondimi”. Al che, presi il telefonino e chiamai il 118 spiegandogli che mia moglie non respirava, respirava molto a fatica e che era all’ottavo mese di gravidanza».

«Il medico mise due dita sul collo di mia moglie ed esclamò: “Presto, sta entrando in arresto cardiaco”. Ordinò all’infermiera che era con loro di andare a prendere il defibrillatore».

«Dopo averla messa in ambulanza, i medici sono partiti alla volta del pronto soccorso seguiti dai miei suoceri, io sono salito a casa per mettermi le scarpe».

«Dopo essere arrivato al pronto soccorso, mi fecero entrare. Dopo qualche tempo un medico – dopo la mia domanda “cosa ha mia moglie?” – mi rispose: “Sono spiacente, sua moglie è deceduta ed è stata portata in sala parto con la speranza che almeno sua figlia nasca viva”».

«Sono uscito per raggiungere mio suocero. Successivamente, ci mettevamo d’accordo per andare dai carabinieri a sporgere denuncia, per capire cosa fosse successo a mia moglie e mia figlia e cosa avesse causato la loro morte».

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