
News Siracusa: anticipazione esclusiva per Siracusa Times, delle ore 23.20 .
Grazie al collega Simone Toscano di Quarto Grado, questa sera in prima serata su Retequattro, proponiamo in esclusiva per i lettori di Siracusa Times estratti del memoriale presentato da Christian Leonardi, accusato dell’omicidio della moglie Eligia Ardita lo scorso 28 aprile.
Nello scritto, l’uomo – che durante i primi interrogatori aveva ammesso la responsabilità del delitto avvenuto a Siracusa il 19 gennaio 2015 – ha ritrattato la propria versione dei fatti.
Negli scorsi giorni, davanti alla Corte di Assise del capoluogo siciliano, si è aperto il processo nei confronti del Leonardi, accusato di omicidio volontario e interruzione di gravidanza: la moglie, al momento del decesso, era incinta all’ottavo mese. (Leggi qui)
Di seguito, alcuni stralci della memoria difensiva:
«La verità che è già stata detta vorrei ribadirla».
«Mi scuso di aver dato una falsa confessione attribuendomi una colpa che non mi appartiene».
«A mezzanotte circa, mi telefonò mio fratello dicendomi: “Scendi, siamo qua sotto”.
Scuderi (l’avvocato difensore di Leonardi, che in seguito ha rimesso il mandato, ndr) iniziò dicendomi: “Christian, io penso che sia stato tu a fare questo gesto, dimmi la verità!”. Mentre mio fratello mi diceva: “Non posso crederci, Christian”. Gli dissi che non ero stato io e gli chiesi perché mi dicevano quelle cose… Scuderi mi disse che i RIS avevano prelevato una marea di tracce, che mi avrebbero incolpato e che mi avrebbero abbandonato al mio destino se non avessi confermato.
Dopo circa un’ora di discussioni molto accese nei miei confronti in merito alle mie responsabilità e viste le mie negazioni, Scuderi disse a mio fratello: “Va bene, accompagnalo a casa, non vuole capire, ci penseranno i Carabinieri”.
Dopo un’ora circa, Scuderi iniziò dicendomi che correvo un grosso rischio nel non confessare l’accaduto, accaduto di cui non ero a conoscenza.
Dopo qualche spinta e urla contro di me, mi fu detto da Scuderi: “Sono venuti i RIS a casa tua e hanno rilevato impronte digitali dai muri riconducibili a una feroce colluttazione; sono state rilevate tracce di vomito per terra, nel muro e sui mobili, e segni di trascinamento che vanno dal salotto alla camera da letto passando per il corridoio. Tutto questo, vuoi o non vuoi, ti inchioda. O ti consegni tu domani mattina o ti vengono a prendere i Carabinieri”. Mio fratello, piangendo con me, mi disse: “Ti prego, Christian, consegnati, risparmia questo dolore a mamma e papà nel vederti portare via di casa con le manette… o vero o falso, sei giunto a un punto di non ritorno”. Al che dissi a mio fratello: “Se è questo che vuoi, lo farò”».
«Ci tenevo a dire che non è mai esistita nessuna colluttazione tra me e mia moglie, quello che sono stato costretto a confessare dietro pressione di coloro che mi assistevano non è la verità nella maniera più assoluta, non è mai accaduto».
«I miei suoceri lasciarono casa mia verso le ore 22. Mia moglie mi disse: “Amore, sto impazzendo dal dolore al ventre”. Mi disse: “Fammi la puntura di seleparina”. Mi chiese di preparargli la solita tazza di camomilla… dopo esserci messi a letto, siamo rimasti a parlare e sorseggiare la camomilla… guardando mia moglie, diedi un bacio a lei e uno al pancione e dissi: “Buonanotte amori, vi amo”, e mi appinnicai…
Verso le 23:05 circa, sentivo mia moglie che respirava male come un rantolo e dissi: “Amore, che hai?”. Non ricevendo risposta, non dava segni di ripresa ai miei insistenti richiami. “Amore che hai? Eligia, rispondimi”. Al che, presi il telefonino e chiamai il 118 spiegandogli che mia moglie non respirava, respirava molto a fatica e che era all’ottavo mese di gravidanza».
«Il medico mise due dita sul collo di mia moglie ed esclamò: “Presto, sta entrando in arresto cardiaco”. Ordinò all’infermiera che era con loro di andare a prendere il defibrillatore».
«Dopo averla messa in ambulanza, i medici sono partiti alla volta del pronto soccorso seguiti dai miei suoceri, io sono salito a casa per mettermi le scarpe».
«Dopo essere arrivato al pronto soccorso, mi fecero entrare. Dopo qualche tempo un medico – dopo la mia domanda “cosa ha mia moglie?” – mi rispose: “Sono spiacente, sua moglie è deceduta ed è stata portata in sala parto con la speranza che almeno sua figlia nasca viva”».
«Sono uscito per raggiungere mio suocero. Successivamente, ci mettevamo d’accordo per andare dai carabinieri a sporgere denuncia, per capire cosa fosse successo a mia moglie e mia figlia e cosa avesse causato la loro morte».