Notizie a Siracusa: nulla potrà mai lavare il dolore e la vergogna di quanto è accaduto a Stefano.
Stefano, all’epoca dei fatti aveva solo 21 anni. Stefano era un “bambino” che aveva già sofferto per colpa di una natura decisamente beffarda ed ingiusta. Era un disabile psichico Stefano Biondo. Ricoverato da quasi tre anni in psichiatria a Siracusa.
Stefano non era stato accettato e voluto in nessuna comunità terapeutica del territorio aretuseo a causa delle sue crisi.
Stefano, come molti disabili, ha pagato la sua “colpa” con la morte. E’ chiuso da quattro anni dentro una bara. Non è mai stato accettato Stefano da quel mondo che tanto amava ma che non si ferma davanti a niente e nessuno. Un mondo che corre talmente forte, come un treno, da non badare a chi come Stefano ha bisogno di cuore.
Stefano Biondo, quel bambino di 21 anni, amava i treni.
Ripercorriamo la vicenda. Era il 24 gennaio del 2011 quando il cuore di Stefano si è fermato. Lui anima fragile affetta da problemi psichici il giorno del decesso era ricoverato presso la casa famiglia di via Madonie, nel quartiere Epipoli. Non riesce a darsi pace, giustamente, la sorella del giovane deceduto, Rossana La Monica che giorno dopo giorno continua la sua disperata corsa alla ricerca della verità.
La storia del giovane Stefano sembra essere più complessa di quanto si possa immaginare. Stefano è entrato in TSO, nel reparto di psichiatria dell’Ospedale Umberto I di Siracusa nell’agosto del 2008 e fino al 24 gennaio del 2011 è rimasto lì. Solo il 25 gennaio, giorno del suo decesso, il giovane disabile aretuseo lasciava l’azienda ospedaliera per recarsi (dopo varie visite di ambientamento) all’interno della struttura privata. Nel pomeriggio dello stesso giorno la signora Rossana era chiamata d’urgenza per un’improvvisa crisi del fratello.
Arrivata nel luogo la sorella del giovane, si rendeva subito conto della gravità dei fatti. All’interno della stanza c’erano due infermieri e tre operatori e poi Stefano e tanto, troppo dolore. La stessa Rossana si premurava di praticare al fratello un massaggio cardiaco nonostante avesse la piena consapevolezza della morte del giovane. Nonostante due medici legali concordavano sul fatto che la morte di Stefano sia sopravvenuta per soffocamento meccanico e il procuratore abbia chiesto l’archiviazione del caso, la famiglia ha presentato opposizione manifestando davanti al Tribunale di Siracusa.
Stefano è morto per mano di chi doveva curarlo ed assisterlo.
Il 25 gennaio ricorrono 4 anni dalla morte ingiusta di Stefano Biondo. In questo periodo, la sorella Rossana La Monica, la sua famiglia, i parenti, gli amici, la comunità hanno dimostrato in vario modo, il loro dolore. Una morte che rispecchia l’emblema del vuoto istituzionale in cui era caduto Stefano e tutti i suoi cari per anni, con il più tragico degli epiloghi.
L’associazione sociale Astrea (divinità della giustizia), nata in memoria di Stefano Biondo che da oltre due anni opera a favore dei deboli, ha fatto sì che “Stefano” divenisse il fratello di tanti.
In suo nome sono state vinte tante battaglie. Il tragico epilogo della breve vita di Stefano, con il cuore e l’anima da bambino non deve rimanere impunito. E’ compito della giustizia far luce sulle responsabilità della barbara uccisione, affinché casi del genere non si ripetano, ponendo fine alla pratica della contenzione.
Sarà processato il 28 aprile l’infermiere accusato di omicidio colposo nell’ambito della morte di Stefano. Il decreto che dispone il giudizio è stato emesso dal Gup del Tribunale di Siracusa, Patricia De Marco, che ha accolto la richiesta avanzata dal pubblico ministero Caterina Aloisi.
Un risultato ottenuto dopo tanti fattori avversi, come l’assurda richiesta di archiviazione avanzata dal procuratore Giancarlo Longo, rigettata dal giudice delle indagini preliminari Alessandra Gigli e i tanti rinvii.
“Stefano è morto – afferma Rossana La Monica – e nessuno può restituircelo, ma da quel momento, oltre a cercare i responsabili della sua morte, abbiamo deciso di renderci utili a favore di altri che come mio fratello, non riescono a difendersi ed a lottare da soli.”
Attendiamo quindi che giustizia sia fatta per Stefano. In questi quattro lunghi anni abbiamo imparato a conoscere e diventare amici della sorella, Rossana. Una donna semplice, con gli occhi e il cuore grandi. Una donna che si spende per il sociale e che nonostante nasconda il dolore dispensa sorrisi a chiunque abbia bisogno di lei.
Che sia fatta giustizia per Stefano affinché venga sfatato il mito che i disabili sono “figli di un Dio minore”.