News Siracusa: Arianna Vinci, giovane attrice di origine siracusana, ci racconta la sua esperienza nel coro de Le Supplici e di Ifigenia in Aulide. La magia del Teatro Greco giunge quest’anno al suo 51° ciclo di rappresentazioni classiche.
– Ariana innanzitutto è un vero piacere conoscerti inizio chiedendoti: cosa si prova da siracusana a poter recitare al Teatro Greco tempio dell’arte?
“È meraviglioso. Quella che provo ogni volta è un’emozione incredibile. Sono qua da diversi anni. La prima volta che ho avuto l’onore di recitare in questo luogo incredibile è stato nel 2013 in occasione dell’Edipo Re. Sin da piccola frequentando il teatro da spettatrice il mio sogno più grande era quello di poter passare dall’altro lato e diventare attrice. Quando questo è successo l’emozione che ho provato è stata indescrivibile. Inoltre negli anni ho avuto modo di interpretare ruoli sempre più importanti iniziando come figurante passando dal coro muto e giungendo ora al coro de Le Supplici. Con la tragedia de Le Supplici, infatti, divento parte integrante della scena. D’altronde a portare avanti l’azione in questa tragedia è proprio il coro“.
– L’adattamento de Le Supllici di quest’anno ha fatto un gran parlare. Per gli addetti ai lavori è stato un capolavoro, il pubblico a volte è rimasto perplesso. Ad ogni modo indubbiamente ci regala una finestra innovativa sul teatro classico, come è stato per te entrar a far parte di questo mondo?
“Comprendo che il pubblico può essere rimasto spiazzato ma si tratta di un’innovazione che ha a che fare con la tragedia classica. Il nostro regista Moni Ovadia ha ricevuto molti complimenti da due greciste che hanno commentato dicendo «Questo è Eschilo». Bisogna anche considerare che il tema nella sua antichità è moderno. Personalmente ti posso dire che sono rimasta davvero entusiasta rispetto alla scelta del regista. Come anche Ovadia ci spiegava, Eschilo ha vissuto un lungo periodo di esilio in Sicilia, la scelta del siciliano per la sceneggiatura dunque è più che comprensibile. La domanza anzi è «Perché no?»”.
– Ti abbiamo vista andare in scena anche con il coro di Ifigenia in Aulide, quale delle due tragedie hai sentito più tua?
“Posso dire che con Le Supplici mi sono sentita decisamente più a mio agio. Essendo una tragedia molto impetuosa e primitiva nell’esposizione delle emozioni dove si esalta la ricerca dell’origine confermo che il mio carattere di attrice riesce ad emergere. Inoltre il coro ricopre un ruolo principale come già accennavo. Per quanto riguarda Ifigenia in Aulide sono passata dall’impeto africano all’eleganza indiana, e seppur sia molto affascinante, il coro vive da spettatore. Come il pubblico infatti osserva la scena, la vive in parallelo, e come il pubblico sviluppa un suo punto di vista e lo racconta. Quello che sicuramente mi è stato utile e mi ha entusiasmata è stato il grande lavoro fatto sul canto. Come puoi sentire gli attori prima di entrare in scena stanno scaldando la voce. Grazie all’aiuto di un professionista come Ernani Maleta e del vocal coach Francesca Della Monica i progressi e le abilità acquisite sono stati notevoli. Abbiamo appreso come poter utilizzare la voce in questo spazio. Credimi sembra semplice ma non lo è affatto, quando il teatro è pieno facciamo il doppio della fatica”.
– Concludo chiedendoti una piccola curiosità: spesso il pubblico si lascia trasportare dalla vicenda ed esplode in intensi applausi all’apice di momenti di tensione, per te che calchi la scena applauso si o applauso no?
“Dipende dal contensto. A volte è gradito altre volte no. Ci sono momenti in cui l’applauso può spiazzare e ci mette in difficoltà. Cerchiamo di capire quando attaccare se durante o dopo l’applauso e solitamente con uno sguardo riusciamo a risolvere. Altre volte invece l’applauso si rivela una carica in più, vuol dire che il pubblico sta apprezzando il lavoro fatto”.