Siracusa, 19 febbraio 2020.
Era il 19 gennaio del 2015 quando un’ombra calava sulla città di Aretusa destando timori e sospetti. Lui, Christian Leonardi, condannato in primo grado di giudizio alla pena dell’ergastolo per la morte della moglie Eligia Ardita procurando la conseguente morte della bambina che la donna portava in grembo da otto mesi non ha mai avuto modo di parlare se non in occasione di due udienze che lo hanno visto protagonista all’interno della Corte d’Assise del Tribunale di Siracusa.
Leonardi, attualmente detenuto all’interno della casa circondariale di Cavadonna, in attesa di giudizio in Corte di Assise d’Appello a Catania ha rotto il silenzio affidando ai suoi legali Felicia Mancini e Vera Benini con una lettera “fiume” indirizzata, in esclusiva, ai giornalisti Alessia Zeferino direttore del quotidiano Siracusa Times e Sebastiano Spicuglia giornalista de La Sicilia. Lettera che abbiamo deciso di pubblicare integralmente senza escludere nessuna parte, senza alcuna valutazione del contenuto, senza farla nostra e che semmai potrà, in qualche modo, elemento al vaglio di processo di secondo grado.
<Sono Christian Leonardi, condannato in primo grado per avere ucciso mia moglie Eligia, procurando anche la morte della bimba che teneva in grembo: nostra figlia Giulia. Ho sperato che qualcuno potesse dare voce anche a me, come è stato fatto per i presunti autori di reati altrettanto gravi ed infamanti, affinché l’opinione pubblica avesse anche la mia versione dei fatti e non solo quella delle parti civili e possa riflettete su quanto ho da dire e risulta effettivamente provato o non provato nel processo. Ma nessuna delle trasmissioni televisive che per tante puntate si sono occupate della vicenda ha accolto la richiesta dei miei avvocati: dopo la sentenza è stato ospitato uno dei difensori delle parti civili e i miei legali non sono stati nemmeno invitati>.
<Posso sperare che almeno attraverso il Vostro giornale coloro che mi giudicano un assassino pur senza avermi mai ascoltato o letto le carte del processo sappiano anche quello che ho da dire a mia difesa? Io non ho ucciso mia moglie e mia figlia> – prosegue Leonardi nel suo scritto.
<Non sono un violento né un delinquente, non ho mai percosso mia moglie; non sono un tossico, né un ludopatico, come mi hanno dipinto i familiari di mia moglie. Io non sono un mostro: sono un uomo che ha sempre lavorato e da più di quattro anni vive ingiustamente chiuso in un carcere, con la sola compagnia del dolore immenso della perdita della moglie e della figlia, che non ha ucciso e che non ha nemmeno potuto piangere, e della speranza che – alla fine – si riesca a capire che cosa ha provocato la loro morte. Anche se questo accadesse so non le farà tornare in vita e non potrà mai risollevarmi dal vuoto immenso ed incolmabile lasciato dentro di me dalla scomparsa di una moglie che amavo quanto lei mi amava e da una figlia tanto desiderata da entrambi che avrebbe suggellato la loro vita insieme. Insieme a loro, dentro, sono morto anch’io> – scrive ancora Christian Leonardi.
<E’ davvero così incomprensibile che dopo mesi di disperazione, isolato da tutti e condannato dall’opinione pubblica per via delle affermazioni dei mie suoceri e di mia cognata (che stanno pignorando la casa mia e di Eligia per togliermi anche quel ricordo), io abbia ceduto alle insistenze dell’Avvocato Scuderi, che aveva convinto anche mio fratello che io ero colpevole e che altrimenti mi avrebbero portato via in manette davanti ai miei genitori, facendoli morire di crepacuore? Eppure il processo contro di me è nato perché proprio io mi sono rivolto alla giustizia per capire se qualcuno era responsabile della morte dei miei cari. Nella mia denuncia, acquisita agli atti del processo, non ci sono accuse, ma solo dubbi che volevo fossero risolti. Purtroppo, ad oggi, così non è stato> – continua nella lettera indirizzata al direttore di Siracusa Times.
<Mia moglie non aveva lividi o segni di maltrattamenti, ma nemmeno questo è servito a smettere che io l’abbia mai percossa o maltrattata. Io non ho la minima idea di dove, come e perché abbia battuto la testa tanto da procurarsi quei versamenti trovati quando hanno fatto l’autopsia. Ho sempre detto che non lo sapevo e ho precisato anche al G.I.P. che non avevo mai picchiato mia moglie. I periti del Tribunale hanno detto che “il trauma cranico patito da Ardita Eligia non possiede una efficienza lesiva tale da avere prodotto alterazioni delle funzioni neurovegetative”, insomma non sappiano come e quando si sia procurata quelle lesioni, ma sappiamo che a causa di quelle non ha e non poteva perdere conoscenza. Così è caduta l’ipotesi accusatoria, sostenuta dal Consulente del Pubblico Ministero, che Eligia sia morta per trovarsi in stato di incoscienza e non avere avuto il normale riflesso della tosse che le avrebbe impedito di venire soffocata dal proprio vomito. Ma quando Eligia avrebbe vomitato?> – scrive l’ex guardia giurata.
<In ogni caso, anche una volta i periti del Tribunale smentiscono l’accusa perché affermano che l’aspirazione del cibo proveniente dallo stomaco probabilmente non è stata la causa della morte, ma l’ha solo accelerata, aggravando una situazione già compromessa. Da cosa? Il cuore di Eligia non presentava lesioni “macroscopiche”, ma i periti ritenevano necessario un approfondimento di analisi, che non è stato dato loro il tempo di fare. La Placenta? Nella consulenza del P.M. si legge che era “vecchia ed infartuata”, i periti, invece hanno visto solo sette vetrini dai quali risultava sana. Ma da quale parte della placenta sono stati presi i vetrini non lo sappiamo e la placenta non è stata conservata. Perché? Davvero i ritardi tra la mia chiamata al 118 e l’ingresso di Eligia in ospedale (oltre mezz’ora) non sono stati fatali per lei e/o per la bambina?> – sottolinea Leonardi nella sua lettera.
<Il Dr. Aloi, medico dell’ambulanza, ha sostenuto che Eligia era già morta quando lui è arrivato. Ma come è possibile, allora, che Eligia avesse sullo sterno lividi presumibilmente lasciati dalle manovre rianimatorie= Perché, se Eligia è stata trasportato in ospedale solo per cercare di far vivere almeno la bambina non lo si è fatto subito? Io e mio suocero potevamo aiutare a trasportare la barella, anche se il personale dell’ambulanza era formato di sole tre persone. E quelle manovre rianimatorie sono state fatte tenendo conto che Eligia era incinta di otto mesi? E le macchie ipostatiche sul corpo di Giulia: perché si sono formate attorno alla parte superiore del corpo e non sul dorso dove sarebbero dovuto essere se Giulia fosse morta dopo Eligia e non quando Eligia era già ancora in piedi? Non mi sembra che il processo e la sentenza che mi ha condannato abbia risolto questi dubbi e non capisco perché non si siano tentate tutte le strade per arrivare alla verità vera. Io non ho ucciso Eligia, ne l’ho mai percossa e dopo quasi cinque anni non sappiamo perché è morta> – scrive Leonardi in merito al processo a suo carico.
L’esclusiva lettera inviata di Christian Leonardi si conclude così: <la prego, aiutatemi a far sentire la mia voce. Io non potrò comparire in una trasmissione televisiva e probabilmente non sarà mai concesso il permesso di venirmi ad intervistare in carcere, ma almeno datemi voce attraverso questa mia lettera e attraverso i miei legali. Ringrazio e mi scuso per questo sfogo. Christian Leonardi>.
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