News Siracusa: il professore Roberto Fai, interviene in merito alla vicenda legata a Fondazione INDA riferendosi in particolar modo alla richiesta avanzata dal Presidente Giancarlo Garozzo di commissariare l’istituto.
“Il quadro di notizie incerte e confuse che emerge in questi giorni sullo stato della Fondazione INDA – esordisce Fai – unito ai pasticci di alcune incaute dichiarazioni e orientamenti surreali espressi dal Presidente Garozzo con un Ispettore del Ministero Beni Culturali volato a Siracusa in missione speciale per capire cosa sia successo e quali le ragioni del conflitto esploso in questi mesi tra il Presidente, il Soprintendente Gioacchino Lanza Tomasi e i membri del Consiglio di amministrazione della Fondazione INDA, di nomina ministeriale, Walter Pagliaro e Arnaldo Colasanti, ha riaperto e rilanciato un conflitto sull’Inda, con il rischio di ricreare uno stato di ingovernabilità della più importante Istituzione culturale del Mezzogiorno.
Per essere più espliciti, l’Istituzione che esprime sul piano simbolico e metaforico il canone culturale più rappresentativo e prestigioso della cultura occidentale, che lega, attraverso la rappresentazione dell’arte tragica greca, il “trittico” che fonda lo stesso Occidente: “filosofia, politica, democrazia”. Ci si augurava, in altri termini, che, chiusa la stagione del precedente “commissariamento” dell’Inda, autorevolmente, con sobrietà ed equilibrio, svolta da Alessandro Giacchetti, nei due anni che sono coincisi con la ricorrenza del Centenario dell’Istituto, l’insediamento, nel gennaio 2014, del Presidente e il ripristino del legittimo organo collegiale di direzione, insieme alla nomina contestuale del Sovrintendente, potessero chiudere la stagione delle polemiche che da molto tempo hanno scandito le vicende della Fondazione, fermo restando che le nuove personalità insediate alla guida dell’Inda avrebbero dovuto fare i conti, pur senza averne contezza e responsabilità, del quadro e del clima di delegittimazione dell’Inda, a seguito delle inchieste penali sulla gestione amministrativa dell’Istituto o delle contese finanziarie con Regione e altri organi di controllo.
Noi qui intendiamo separare le due questioni: conflitto gestionale scoppiato in questi giorni dentro l’Inda e inchieste giudiziarie. Anzi, confondere le acque tra le due vicende rischia di intorbidire il quadro del conflitto riesploso, inibendo l’urgenza di ridare alla Fondazione il prestigio e la certezza di una direzione, a pochi mesi dall’avvio della stagione teatrale. Sulla seconda, c’è da augurarsi che la conclusione delle inchieste giudiziarie possa giungere presto al suo esito definitivo, per amor di chiarezza verso l’opinione pubblica e la vita dell’Istituto stesso.
Andiamo per ordine. Il conflitto dentro il C.d.A. è stato talmente incontenibile, al punto che “il principio della riservatezza sui fatti interni della vita della Fondazione”, espressamente formalizzato al punto 5° dell’articolo 10 dello Statuto, s’è sbriciolato come neve al sole. Sarebbe oltremodo superfluo tentare di risalire al “fatto originario” che ha determinato tutto ciò, nell’impossibilità di ridare un’improbabile razionalità a un conflitto oramai deflagrato e incontenibile. Lanza Tomasi, alla luce della legge Madia, ha dovuto prendere atto della cessazione del suo ruolo di Sovrintendente e in ogni caso, con la sua lettera pubblica al Ministro Franceschini, ha colto e ha posto il problema reale delle contraddizioni presenti nella formulazione dello statuto dell’Inda. Diciamola tutta: quello statuto è stato scritto coi piedi, dal momento che ha incardinato la presenza di due figure, richiedendo per esse competenze e professionalità così analoghe e simili, da alimentare ambiguità, confusione e sovrapposizione di ruoli che rischiano di incrociarsi ed entrare in conflitto, pur quando siano indicati i compiti dell’uno e dell’altro in punti diversi dello statuto. E’, infatti, il Consigliere delegato Pagliaro a formulare al C.d.A. “proposte per gli indirizzi artistico-culturali della Fondazione”, mentre poi si assegna al Sovrintendente il compito di dirigere e coordinare, “in autonomia”, l’attività di produzione artistica della Fondazione e tutte le attività connesse. Un pasticcio! Ed è comprensibile che, nel vivo svolgersi di un legittimo esercizio di ruoli di protagonismo per personalità culturali di prestigio, qualche incauta rivendicazione di specifiche funzioni, travalicando confini definiti, abbia alimentato incomprensioni, ostilità, conflitti: peraltro, con un Sovrintendente che, pur partecipando alle riunioni del C.d.A., non ha alcun diritto di voto nelle deliberazioni. Tanto varrebbe, in sede di modifica dello statuto, o accorpare, in un’unica persona, la figura del Sovrintendente e del Consigliere delegato, coi requisiti già previsti, oppure delineare con maggiore nettezza la distinzione tra ruolo di direzione strategico-ideativa e compiti operativi di mero carattere amministrativo-burocratico, e a quel punto, non serve sovraccaricare di un’enfasi nominalistica chi svolge quest’ultimi compiti.
Da qui, la probabile rivendicazione di ruoli che hanno esasperato le relazioni interne, facendo deflagrare il conflitto, mentre corre l’obbligo di dire che sia il Presidente Garozzo sia l’altro consigliere di sua fiducia, Paolo Giansiracus avrebbero dovuto assicurare e garantire una capacità di mediazione ed equilibrio al fine di neutralizzare l’insorgere di una conflittualità poi incontenibile, sì da pregiudicare la “governance” della Fondazione. A dimostrazione di questo giudizio, il fatto che Giansiracusa abbia chiesto addirittura la rimozione del Consigliere Walter Pagliaro dal C.d.A. della Fondazione, mentre il Presidente, seguendo a ruota la richiesta del “decaduto” Sovrintendente, Lanza Tomasi, di proporre di commissariare la Fondazione.
Davvero singolare: il Presidente, reclamando, a viva voce, di riportare l’INDA sotto una gestione commissariale non sembra rendersi conto di buttarsi la zappa sui piedi, ammettendo così il proprio fallimento istituzionale, invocando la rinuncia a presiedere un organo “democratico” e collegiale, anziché offrire e proporre le sue idee in merito alla governance della più prestigiosa Istituzione culturale, che, per statuto, ha l’incarico di presiedere. Sembra affermarsi con leggerezza, visto che anche l’onorevole Sofia Amoddio, del Partito Democratico, a ruota, se n’è uscita con la condivisione di questa sortita del “commissariamento” dell’Inda, una sorta di paradossale “commissariamento della democrazia”, o “democrazia commissariata”: una contraddizione in termini. Di più: un ossimoro. Significherebbe ammettere che, dovendo modificare composizione e ruoli del Parlamento, o, per analogia, le funzioni dei Comuni, sarebbe opportuno nominare dei “commissari” a presidio degli organi democratici, per evitare problemi. Ed è l’epilogo negativo cui sarebbe avvitata anche la Fondazione, ancora una volta commissariata.
Se la proposta del Sindaco fosse presa in considerazione – conclude Fai – si offrirebbe per l’ennesima volta un’immagine ancora più offuscata dell’Inda”.