Non sarà la “Città Eterna”, ma anche Noto ha il suo “campo dei fiori”. È lo stadio “Giovanni Palatucci”, da tempo ridotto ad un prato a vegetazione spontanea, variopinta e variegata.
La struttura è dedicata alla memoria di Giovanni Palatucci, ufficiale di polizia, fregiato dalla medaglia al valor civile e dal titolo di “servo di Dio” per aver tratto in salvo, durante la seconda guerra mondiale, più di 5000 persone dal regime nazi-fascista.
Il centro sportivo, che ospita anche un campo da allenamento in erba sintetica (rimodernato di recente, ndr), una piscina, campi da tennis, un crossodromo, una palazzina multi servizi e un tensostatico (mai inaugurato, ndr), nacque negli anni ‘80 con i finanziamenti stanziati in vista dei mondiali di calcio italiani. La struttura non venne completata, rimase inutilizzata, vittima di atti vandalici e cadde nel più completo abbandono per circa venti anni.
Nel maggio del 2010 dopo alcuni lavori di ristrutturazione, il centro sportivo è stato inaugurato e consegnato agli sportivi netini.
Arriviamo al 2013. L’anno del secondo abbandono della struttura, all’indomani dell’ultima partita della stagione 2013/2014, dove per tutta l’estate l’impianto è rimasto in balia dei cani randagi e delle pecore (nella foto), la squadra della città il Noto Calcio (che a quei tempi militava nella quarta serie), costretta ad “emigrare” nella vicina Palazzolo (per oltre un anno!) per disputare le gare interne, e, durante la settimana, in tutti i campi a disposizione della provincia aretusea per svolgere gli allenamenti quotidiani.
Dopo un anno e mezzo, nel 2015, in cui il Noto è stato costretto a disputare le gare interne e gli allenamenti in strutture sportive fuori città, il 22 ottobre i granata guidati allora da Gaspare Cacciola, fanno rientro a casa. Il rifacimento del nuovo manto erboso del “G. Palatucci” (costato oltre 80 mila euro) verrà inaugurato con una gara importante, valida per la decima giornata di Serie D girone I, quella tra Noto e Siracusa (terminata 2-2).
Un derby che mancava da oltre quarant’anni, una sfida tra due squadre di territori confinanti, una partita tra le compagini di due centri abitati distanti pochi chilometri, un incontro in cui c’è stato il pubblico delle grandi occasioni (oltre 5 mila ingressi).
Poi il risveglio, nel luglio 2016, più traumatico: niente più calcio di grandi eventi.
Resta la Rinascita Netina, che ha militato fino allo scorso anno in Prima Categoria. E così, là dove c’era l’erbetta, pian piano siamo arrivati ai nostri giorni, dove ora c’è quel desolante scenario. Se sono fiori fioriranno, anzi sono fioriti già!