L’uccisione a Caltanissetta di Adnan Siddique, 32enne di origini pachistane presumibilmente per aver difeso i suoi connazionali dai caporali, accende i riflettori su una delle questioni ancora irrisolte nelle campagne della Sicilia: il caporalato.
«Le cause di queste morti non sono lontane da noi, ma anzi ci toccano pienamente e da vicino – a scrivere è Simona Cascio, Presidente di Arci Siracusa – A partire da questo doloroso avvenimento siamo convinti che sia necessario aprire un serio e immediato dibattito sullo stato reale dei braccianti agricoli nella regione Sicilia e in tutto il Paese, sul gravissimo e diffusissimo fenomeno del caporalato e sugli interessi delle piccole e grandi mafie».
«Non lontano dalla nostra città, a Cassibile, sono tanti i migranti che abitualmente vivono una situazione di grande disagio e instabilità, senza una seria riflessione complessiva sulle loro vite – aggiunge Cascio – Le condizioni lavorative e non, in cui versano i braccianti agricoli sono gravose e dovrebbero essere al centro dell’attenzione del dibattito pubblico: esiste infatti una chiara responsabilità politica di chi in questi anni, negli organi di governo, ha scelto di non occuparsi strutturalmente della stabilizzazione di questa situazione».
«La vicenda di Cassibile, una per tutte – continua Simona Cascio – è una storia di grande disattenzione ma anche del grande impegno sociale di tante e tanti volontari che non si rassegnano allo stato di immobilismo a cui vorrebbero condannare i lavoratori di quelle zone».
«Che le morti di questi giovani lavoratori non siano vane – conclude Simona Cascio – che servano ad aprire tante vertenze sindacali ed ottenere tutti i risultati necessari ad ottenere una vita degna!».