
News: 18 aprile 2015, una data da non dimenticare. Da quel giorno sono tanti i numeri da ricordare, i numeri di una tragedia senza fine. E’ stata la più grande del dopoguerra avvenuta nel Mediterraneo. Morirono circa 700 migranti.
Cosa rimane oggi di questa ecatombe? Solo numeri. Oggi sono circa 675 i cadaveri recuperati dal relitto recuperato dalla Marina militare nell’ambito dell’operazione Melilli 5 voluta dalla presidenza del consiglio. In realtà il numero è maggiore poiché tra questi 675 sono inclusi anche quelli che Marina militare e vigili del fuoco chiamano body bags, cioè delle sacche dentro le quali sono stati depositati i resti umani ritrovati che spesso appartengono a più di una persona.
L’ultima fase dell’operazione prevede l’identificazione delle vittime da parte del gruppo di lavoro di medici legali composto da Cristina Cattaneo dell’università di Milano che ha svelato i paesi di origine dei migranti morti. Ci sono persone originarie dell’Etiopia, Eritrea, Bangladesh, Sudan, Somalia, Mali, Ghambia, Senegal, Costa D’Avorio, Guinea. Soprattutto maschi ma anche femmine e sono stati trovati anche dodicenni e qualche bambino.
La tragedia è avvenuta tra la notte tra del 18 e del 19 aprile 2015. Secondo la procura di Catania, il naufragio è stato da una manovra sbagliata dello scafista che ha provocato una collisione tra il peschereccio che trasportava i migranti e un mercantile che si era avvicinato per prestare aiuto. Il peschereccio si è capovolto a nord della costa libica mentre un mercantile si avvicinava per i soccorsi. Secondo un sopravvissuto le vittime sarebbero oltre 900, di cui 50 bambini. “Centinaia chiusi nella stiva”- hanno dichiarato i testimoni sopravvissuti – solo in 28 riuscirono a salvarsi.
Il peschereccio affondato insieme alle vittime è stato poi localizzato a 85 miglia a nordest delle coste libiche, a una profondità di 375 metri, grazie all’uso dei cacciamine e alle strumentazioni sonar della marina militare italiane. A distanza di un oltre un anno da quella strage il relitto è stato sollevato dal fondale, con il modulo di recupero presente sulla nave Ievoli Ivory. Il relitto è stato trasportato nella rada di Augusta e collocato all’interno di una tensostruttura refrigerata, lunga 30 metri, larga 20 e alta 10, dove si sono svolte le operazioni di recupero delle salme dal relitto. In zona è presente nave San Giorgio della Marina Militare, che sta fornendo la protezione a tutto il dispositivo navale, imbarcata oltre al personale del Gruppo Operativo Subacquei della Marina, una squadra di Vigili del Fuoco che per fornire le informazioni utili alle squadre pronte a terra. I corpi vengono esaminati da esperti sanitari di varie università coordinati dalla dottoressa Cattaneo del laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense (Labanof) del dipartimento di Morfologia Umana e Scienze Biomediche di Medicina legale dell’università di Milano. Lo scopo è acquisire informazioni utili a creare un network a livello europeo che permetta di risalire all’identità dei corpi attraverso l’ incrocio dei dati.