Trama: il film racconta la storia del team di giornalisti investigativi del “Boston Globe” soprannominato Spotlight, che nel 2002 ha sconvolto la città con le sue rivelazioni sulla copertura sistematica da parte della Chiesa Cattolica degli abusi sessuali commessi su minori da oltre 70 sacerdoti locali, un’inchiesta premiata col Premio Pulitzer.
Il film. E’ ambientato nei mesi che precedettero la pubblicazione, a cui seguirono la pubblicazione di 600 articoli circa che portarono alla luce oltre 1000 casi di abusi commessi da 249 sacerdoti sparsi in varie parti del mondo. Poco più di due ore scandite dal ritmo incalzante di dialoghi sempre pungenti e mai superflui e dal montaggio fluidissimo del regista, Thomas McCarthy, che ci regala due esperienze importanti, una di buon cinema e l’altra di buon giornalismo. Hollywood ritorna a raccontare di importanti fatti di cronaca, attraverso un grande lavoro di inchiesta che ha stravolto il mondo della Chiesa Cattolica. Seguendo la pura realtà dei fatti e dei luoghi in cui è accaduto, Boston. Una metropoli che, tuttavia, per storia e tradizione assomiglia di più a un grande paese, dove tutti si conoscono, e dove nulla cambia. Nella città americana, il film si sviluppa in un minuzioso lavoro sulle inchieste svolte dal team Spotlight del“Boston Globe”, sui protagonisti reali della vicenda, nella ricostruzione di quegli spazi e quegli arredi di una redazione giornalistica all’inizio del nuovo millennio, la vita pulsante e frenetica di un ambiente forse adesso inesistente che provoca nostalgia ai veterani del settore. Spotlight tratta la realtà, Spotlight è una vera storia di giornalismo investigativo sugli scandali di pedofilia della Chiesa. Un lavoro di veri professionisti e di un’inchiesta che non ha fretta di arrivare alle rotative o in televisione, che non cerca lo scoop a tutti i costi, ma si dà il tempo giusto per maturare ed essere completa in un ogni suo aspetto. Un lavoro lontano dai ritmi veloci e veraci del giornalismo di oggi.
La regia. Storia e protagonisti, la regia di McCarthy non isola gli attori, e non cerca un protagonista centrale, indugia in primi piani e in controcampi solo quando necessario. Piuttosto, resta sempre un passo indietro, telecamera a seguire a inquadrature a figura intera sui personaggi al lavoro, nei loro spazi ristretti, ingombri di carte, male illuminati, o ancora in giro per il mondo reale, dove si trovano le fonti e nascono le storie.
Il cast è la redazione di Spotlight. Quattro protagonisti, interpretati da Michael Keaton, Mark Ruffalo, Rachel McAdams, Brian D’Arcy James, sono in perenne movimento e la macchina da presa li segue con placida dedizione non per farne degli eroi ma perché solo attraverso i loro occhi, il loro lavoro, la verità può affermarsi. E’ un cast d’eccezione, non solo nei ruoli principali ma anche nelle parti minori. Nostre personali preferenze vanno a Michael Keaton (che è il team leader Walter “Robby” Robinson), al Mark Ruffalo (che è Mike Rezendes), in un’ottima intepretazione corporea e mimica facciale e comportamentale che incarna il reporter di razza, ma anche alla performance tutta in sottotono di Liev Schreiber nei panni di Martin Baron. Senza dimenticare il come sempre superbo Stanley Tucci. Ottime anche le interpretazioni degli altri protagonisti, da Rachel Mcadams (Sacha Pfeiffer), a Brian D’arcy James (Matt Carroll), a John Slattery.
Un film che parla di giornalismo puro, ormai svanito. L’intuizione coraggiosa e innovativa del Boston Globe e di Spotlight, segna la svolta dell’inchiesta, sprovincializzandola e rendendola un esempio per il giornalismo mondiale, in quel caso di puntate alle responsabilità dell’istituzione, la Chiesa, e non più ai singoli preti pedofili. Ma proprio negli anni in cui l’inchiesta di Spotlight prendeva vi, il giornalismo comincia a mutare, adattarsi a i ntauovi mezzi di comunicazione, evolvendosi in quel giornalismo on line che a volte esalta il lettore, altre invece non convince per niente.
Critica. Il regista riesce a costruire un racconto veritierò, che mostra un pezzo di storia di giornalismo.o lavoro di quattro persone, una redazione e un giornale, a raccontare la verità, investigare trovare fonti e informare i suoi lettori, spiegando con onestà e senza vergona le parole e i ricordi delle vittime: i fatti e basta. E’ un film per così dire tradizionale, certo, ma possiede quel buon sapore del cinema classico, ovvero intrattenere il pubblico con sapienza, seppur con temi non semplici o leggere, ma con la consapevolezza di trasmettere un messaggio importante. Il caso Spotlight un film procede lentamente, tuttavia solido e preciso. Esattamente come dovrebbe essere il giornalismo di oggi, e che forse dovremmo tornare a produrre.